L’assessore: “Gestione alla Provincia o alla Regione. Delta, il territorio ravennate slegato da Ferrara”

L’assessore provinciale Eugenio Fusignani (Pri) formula una proposta “provocatoria ma fatta con cognizione di causa”.

“La gestione dei parchi naturali – spiega l’esponente dell’Edera – è in questi ultimi mesi oggetto di riflessioni a livello nazionale e regionale, nell’ottica di contenere i costi della pubblica amministrazione e di ottimizzarne le funzioni.

Credo pertanto sia giunto il momento di aprire un dibattito anche a livello locale su questi temi pensando a nuovi strumenti di gestione delle aree protette.

 

In questa ottica mi sto sempre più convincendo che sia indispensabile  giungere ad identificare l’organo decisionale dei Parchi con le Giunte provinciali o con quella regionale, come avviene già per i parchi regionali di altri Stati europei, come, ad esempio, in Spagna, magari demandando l’incarico di presidente all’assessore che al momento detiene le deleghe alle aree protette. Il controllo da parte delle comunità locali sulle decisioni prese a livello centrale, avverrebbe comunque, attraverso il Consiglio del Parco (o Assemblea dei Sindaci) organo politico di indirizzo indispensabile, ma anche in questo caso privo di costi gestionali aggiuntivi a quelli già esistenti della carica di sindaci e presidenti di Province”.

 

In particolare, prosegue Fusignani, “la nomina di un Ente Parco composto da assessori degli Enti consorziati consentirebbe sia di eliminare completamente i costi degli organi politici (poiché tutti partecipano ai lavori del parco nell’ambito delle rispettive deleghe amministrative), sia di avere un costante rapporto con gli Enti locali che rende più immediate le decisioni.

 

Stesso criterio andrebbe applicato anche alle funzioni tecniche, che si potrebbero appoggiare, mediante apposite convenzioni, sui servizi degli Enti soci.

Questo permette di risparmiare notevolmente anche sui costi di gestione degli uffici del parco.

 

Questa forma di gestione amministrativa e tecnica sperimentata nel Parco della Vena del Gesso Romagnola sta dando ottimi risultati, in termini di efficienza, efficacia, economicità, al punto da indurre ad una riflessione.

Il Parco del Delta del Po, nonostante l’impegno profuso in questi anni dal Presidente Massimo Medri, sta attraversando un periodo di difficoltà amministrativa e gestionale davvero critico. Il rapporto con le comunità locali è sempre più flebile, la conservazione degli ecosistemi naturali ormai al collasso, come ben evidente nei casi che, da ravennati, ci riguardano da vicino di Punte Alberete e Valle della Canna o nel caso della Pialassa della Baiona.

Per questo, senza rinnegare la scelta regionale del 1988 di istituire un unico parco per tutto il territorio da Goro a Cervia, ma ragionando serenamente, dopo oltre 20 anni dall’istituzione, sul risultato di questa decisione e sugli effetti della gestione conseguente, per cogliere i segnali che giungono dal territorio, è bene, a mio avviso, formulare una nuova ipotesi.

 

La costa ferrarese e quella ravennate hanno caratteristiche storiche e socio-economiche diverse, anche il legame effettivo con il delta del fiume Po è assai differente. I territori a nord di Comacchio rientrano ancora in parte nel delta attivo, presentano una densità abitativa bassa e sono legati soprattutto ad agricoltura, pesca, turismo piuttosto ridotto; a sud di Comacchio il numero di abitanti aumenta considerevolmente, le attività economiche cambiano, spostandosi anche su industria, porto, turismo decisamente più forte (dai due Lidi sud di Comacchio, fino a Milano Marittima e Cervia).

 

Realtà profondamente diverse, che l’Ente Parco ha cercato, faticosamente, di ricondurre e forme unitarie di gestione, come stabilito dalla legge istitutiva, ma che, forse, non è possibile (e nemmeno opportuno) cercare di rendere identiche. Questa forzatura, probabilmente, è alla base di un certo disamore verso le politiche del Parco da parte degli Enti locali ravennati, di un certo -apparente- disinteresse.

 

 

In definitiva la proposta, forse provocatoria ma formulata con cognizione di causa, e dopo l’esperienza di questi anni di partecipazione all’amministrazione del Parco. è di rivedere i confini del Parco del Delta del Po, riconducendoli al fiume Reno (rimarrebbe del ravennate soltanto una porzione delle Valli di Comacchio e la zona sud di Bellocchio) e di istituire un nuovo Parco delle Valli e Pinete di Ravenna, che si sviluppi dal Reno alle Saline di Cervia.

Questo permetterebbe di ricondurre alla Provincia di Ravenna la gestione del nuovo Parco e a quella di Ferrara quella del Delta del Po, con considerevoli risparmi e centrerebbe l’obiettivo di ridare alla comunità ravennate quei beni ambientali di cui, in questi ultimi due decenni, molti si sono sentiti espropriati”.