
La cerimonia di premiazione
E’ stato il valore della cultura il filo conduttore della 39esima edizione del Premio Guidarello, andata in scena ieri pomeriggio dal Teatro Alighieri e presentata come di consueto da Bruno Vespa e Margherita Ghinassi: e il palco ha rappresentato un ottimo “spot” per il lancio della candidatura di Ravenna a capitale europea del 2019. “Lo merita. E’una città bellissima – ha commentato Pippo Baudo, “Guidarello” per la sezione televisione – una delle gemme del nostro Paese, delle quali a volte dolosamente ci dimentichiamo. E poi la Romagna ha molti tratti in comune con la mia Sicilia”. “Scontata” anche l’adesione di Licia Colò. “I miei nonni erano di Coccolia, ho passato estati bellissime a Marina di Ravenna. E nel mio viaggio di nozze Ravenna è stata una delle tappe principali”. Anche il sindaco Fabrizio Matteucci ha evidenziato il valore della candidatura.
Più in generale, il presidente di Confindustria Giovanni Tampieri ha rilevato come la cultura possa rappresentare una leva fondamentale per fronteggiare la crisi e per lo sviluppo. Insomma, un “patrimonio” non solo in termini di conoscenza ma anche economici. Così quest’anno è stata rilanciata la sezione turismo ( tra i vincitori Licia Colò, radio/televisione, e Pier Luigi Vercesi, società) ritornando alle origini del Premio: che appunto, quasi 40 anni orsono, fu varato per corroborare l’immagine della città.
Il legame con il passato, la riscoperta della storia, è emerso in particolare negli interventi di Angelo Varni (Premio per il Giornalismo d’autore Romagna), che ha ripercorso alcune vicende del Risorgimento: molti avrebbero voluto un esito diverso, non necessariamente un’ Italia sotto la monarchia sabauda. Rimasero fermenti insurrezionali”. Giovanni Zaccherini, premiato per la sezione cultura/Romagna, ha ricordato la figura dell’artista Giuseppe Maestri, che negli anni ’60 a Ravenna, con la “Bottega”, fondò un vero e proprio cenacolo. Pietro Baccarini (premio speciale per la pubblicistica, e autore di una “Storia della Dc a Faenza”), ha parlato, sollecitato dalle domande di Vespa, della figura di Benigno Zaccagnini, in relazione ai tragici momenti del sequestro Moro. Come ebbe a dire Cossiga, Zaccagnini fu particolarmente duro nel sostenere la linea della fermezza? “Ho dei dubbi. Ne ha sofferto per tutto il resto della vita”.
Maurizio Maggiani (Romagna/società) è stato premiato per l’articolo “Romagna cuore garibaldino”, che rievoca la storia del faentino Francesco Zannoni. L’inviato di guerra Lorenzo Bianchi (Premio per il giornalismo d’autore nazionale/società), ha ripercorso alcune della vicende più drammatiche degli ultimi conflitti. Toccante la commemorazione da parte di Walter della Monica della figura dell’amico Claudio Marabini, premiato alla memoria. Un uomo di cultura e un giornalista di altri tempi. Quando Ronchey, ha poi ricordato poi Bruno Vespa, per scrivere “l’articolo” di terza pagina cambiava radicalmente le abitudini delle sue giornate. “Silenzio” era la parola che veniva pronunciata in casa Marabini in quei casi, ha ricordato il figlio Maurizio.
Il Guidarello ad honorem è andato invece ad Antonio Catricalà. Il numero uno dell’Antitrust e prossimamente alla guida dell’Autorità per l’energia, ha spiegato come ancora “lacci e lacciuoli” fermino l’economia italiana. Tra le sue soddisfazioni più grandi la liberalizzazione delle parafarmacie, tra i rammarichi lo stop alla portabilità gratuita dei mutui.
E’ stata poi la volta di Aldo Cazzullo (sezione cultura) che ha riflettuto sulla situazione politica italiana. Il sogno impossibile? Una competizione elettorale tra Giulio Tremonti e Mario Draghi…Rispondendo alle domande dei cronisti Cazzullo aveva ricordato nel pomeriggio una sua precedente visita a Ravenna. La presentazione in una camicieria del suo libro “Outlet Italia”, su un Paese “in svendita”, aveva sorprendentemente aggregato molte persone anche in piazza, testimoniando la vitalità dei piccoli centri. Un sano localismo può essere quindi, ha spiegato Cazzullo, una buona leva per il futuro.
Il Pippo “nazionale” ha poi catalizzato la platea dell’Alighieri. Dal rapporto con Berlusconi (finito pagando una penale faraonica) alla nuova televisione, Baudo ha ripercorso alcune tappe della sua carriera: cioè la storia della televisione italiana. Il ritorno in Rai? In un cimitero Biagio Agnes, il megadirigente, venne fermato da una donna, che in napoletano colorito gli consigliò caldamente di riprendere Baudo in Rai, “Sennò muori”. Pippo fu richiamato il giorno dopo…
A breve con Vespa condurrà un programma dedicato ai 150 anni dell’Unità d’Italia. E il giornalismo? Si scopre che Pippo Baudo superò le selezioni per il Tg1, e che ha inziato proprio con la carta stampata. Poi la folgorazione per lo spettacolo. Ma da anni Baudo mescola nelle sue proposte intrattenimento e riflessione: “tutto quello che è espressione del pensiero è giornalismo”, spiega.
ma.mont.