Ancisi (LpRa) segnala un presunto caso di discriminazione

 

Riceviamo e pubblichiamo da Alvaro Ancisi (Lista per Ravenna) un’interrogazione al sindaco su un tema posto al consigliere da una cittadina.

Lista per Ravenna – spiega Ancisi è uno dei due gruppi consiliari che mercoledì scorso hanno ricevuto per conoscenza il messaggio della sig.ra Claudia Varesi indirizzato al sindaco. La signora mi ha esplicitamente autorizzato a pubblicare il suo nome, nel segno di una battaglia che dal 26 febbraio 2009 conduce strenuamente verso il Comune di Ravenna per vedere riconosciuto ai ragazzi disabili – non solo a suo figlio Jonathan Marian – il diritto a non essere discriminati.

Il caso è quello dell’accesso al servizio di pre- e post-scuola, che, per il terzo anno scolastico consecutivo, è stato negato a Jonathan. I coniugi Marian hanno chiamato in causa, davanti al Tribunale di Ravenna, il Comune di Ravenna, denunciando, al riguardo, la violazione della legge n. 67 del 2006: “Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni” (art. 2, comma 2: “Si ha discriminazione diretta quando, per motivi connessi alla disabilità, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata una persona non disabile in situazione analoga”). Si attende a breve la sentenza. Nella denuncia, si sostiene che “in base ai vigenti regolamenti per il servizio pre post scuola adottati da una parte dal Comune di Ravenna per i normodotati, dall’altra dall’Asp per i minori disabili, appare di tutta evidenza come un bambino down, come il piccolo Jonathan, non abbia le stesse possibilità di accedere a detto servizio e di fruirne i benefici, anche dal punto di vista educativo e sociale, rispetto a chiunque altro bambino ‘normale’…E ciò a dispetto di quanto detta la nostra Carta Costituzionale che prevede quale compito degli enti istituzionali rimuovere tutti gli ostacoli sia di ordine sociale che economico che limitano di fatto l’uguaglianza di tutti i cittadini ed impediscono il pieno sviluppo della persona umana, sia essa down o normale”. 

 

Secondo Ancisi, “gli ostacoli frapposti dal Comune di Ravenna ruotano intorno a due diversi regolamenti. Quello del pre- e post-scuola del Comune rivolge questo servizio “prioritariamente”, ma non esclusivamente, alle famiglie che hanno esigenze di lavoro. Quello dell’ASP, riguardante “ la gestione del tempo extrascolastico per minori disabili”, è invece destinato rigorosamente “alle famiglie che per esigenze di lavoro debitamente certificate, hanno necessità di anticipare e/o posticipare…la permanenza a scuola dei figli”, anche se l’assegnazione di un educatore avviene solo “nei casi di particolare complessità”. Sulla base di queste tortuose disposizioni, è stata respinta, ogni anno, la domanda di iscrizione di Jonathan, per le seguenti ragioni combinate: a) i genitori non “lavorano” entrambi ( la signora Claudia si occupa a tempo pieno dei tre figli); b) l’ASP non può assegnare l’educatore di sostegno.

Sono eccezioni al limite dell’assurdo, anche stando alla lettera di queste norme. Non è detto, infatti, che tutti i disabili, e in particolare i bambini down, richiedano il sostegno di un educatore anche nei servizi extrascolastici, tanto meno in quello di pre- e post-scuola, che ha una breve durata oraria e una funzione più di socializzazione che di studio. A mio parere, la valutazione sulla necessità del sostegno dovrebbe essere chiesta dal Comune al neuropsichiatra pubblico che, per legge, in base alla “Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate” n. 104 del 1992, ha il compito di esprimere, a supporto dell’esigenza di sostegno scolastico di ciascun disabile, una diagnosi funzionale. Se cade la necessità dell’educatore, il regolamento dell’ASP non può condizionare il Comune nell’ammissione di un bambino disabile nel suo servizio di pre- e post-scuola,  peraltro possibile, sia pure non prioritariamente,  anche se i genitori non “lavorano”.

In ogni caso, per troncare ogni appiglio a norme discriminatorie, e non solo per i disabili, è necessario che:

  1. in entrambi i regolamenti del Comune e dell’ASP sia eliminata ogni penalizzazione a danno delle famiglie in cui i genitori non “lavorano” entrambi, trattandosi peraltro di un servizio a pagamento;
  2. nel regolamento dell’ASP, comunque soggetto all’approvazione del consiglio comunale, sia introdotta una modifica secondo cui l’assegnazione di personale educativo di sostegno ai minori disabili nei servizi extrascolastici è richiesta solo se prescritta  dal neuropsichiatra pubblico di riferimento.

Mi preme qui motivare il senso di questa interrogazione riportando un passo del messaggio ricevuto dalla signora Claudia: “Si parla tanto di integrazione, di inclusione sociale, viene sbandierata parità tra sessi e generi, ma comunque la disparità lavorativa genitoriale è ancora un limite d’ammissione, per i bambini disabili, ad alcuni servizi quali il pre-post scuola; ma è vero anche che non lavorando si può tenere il figlio a casa, quando invece si sa che ai bambini fa bene stare con altri bambini e il post scuola non dura tante ore da pensare che sia un “parcheggio” per figli, ma si tratta di lasciarli socializzare per un massimo di un paio d’ore”.

Si chiede pertanto al sindaco se condivide, in vista del nuovo anno scolastico, l’urgenza di indirizzare l’amministrazione di cui è a capo, e l’ASP, di cui presiede l’assemblea, in direzione di quanto da me suggerito”.