Il commento di Gianfranco Spadoni (Udc)

“L’intento di aggregare prevedibilmente dal gennaio 2014  le aziende sanitarie romagnole in una sorta di unione di fatto nello spirito e con gli obiettivi contenuti nella spending review, rappresenta il percorso logico e naturale sicuramente da seguire”. A parlare è il consigliere provinciale Udc Gianfranco Spadoni.

“D’altra parte – prosegue Spadoni – non va dimenticato come la sanità assorba larga parte del bilancio regionale, almeno in ragione del 75 – 80%, per garantire un servizio universalistico ai cittadini, a fronte, peraltro, di una forte diminuzione delle risorse disponibili. La Regione, infatti, è stata costretta a rideterminare il finanziamento alle aziende sanitarie locali assegnando minori risorse, pari a meno 1,04% corrispondenti a circa – 81 milioni,  pur alla presenza di una crescita dei bisogni assistenziali dovuti in parte anche alla crisi economica, alla trasformazione del tessuto sociale, all’ incremento dell’immigrazione e alla crescita dell’invecchiamento della popolazione. Segnale evidente di una crisi di sostenibilità del modello che richiede in tempi brevi correttivi e aggiustamenti di natura istituzionale e gestionale. La strada, dunque, dell’area vasta rappresenta una prima risposta anche in termini di riordino complessivo per razionalizzare i sistemi di gestione, snellire le procedure, ottimizzare le risorse umane e tecnologiche,  e sul  versante dell’integrazione e della  flessibilità. Una strada ineludibile soprattutto per allocare e impiegare al meglio le risorse pubbliche in un quadro di reale efficienza produttiva, assicurando un primo livello di assistenza e cura omogenea su tutto il territorio di Area Vasta, mentre i livelli successivi, quelli più specialistici, dovranno essere assegnati non nella mera logica della distribuzione geopolitica dei servizi, ma piuttosto concentrati nei centri specializzati e di comprovata esperienza e capacità professionale e diagnostico – strumentale.  Insomma, non tutte le città potranno avere la totalità delle branche specialistiche o la globalità  delle tecnologie,  poiché i cosiddetti terzi livelli  saranno concentrati laddove esiste una maggiore esperienza clinica, la dotazione strumentale più avanzata e la domanda di  prestazioni più elevata. Su questa impostazione e senza campanilismi, vigileremo affinché sia garantita  equanimità di trattamento per evitare che ospedali come il santa Maria delle Croci di Ravenna sia depauperato dei migliori servizi clinici a vantaggio degli altri nosocomi semmai più determinati e risoluti o con una politica locale più poderosa. Il tema, quindi, non è quello di individuare in modo campanilistico la sede della mega azienda, ma come determinare i nuovi livelli di riorganizzazione del territorio e, soprattutto, la loro sostenibilità economica.
Per attuare un progetto simile, manca, in ogni modo, una linea guida della Regione che non si è ancora espressa al riguardo,  la certezza di mantenere in prospettiva una sola Conferenza dei Comuni e delle Province quale unico soggetto deputato a  rappresentare i territori e a esprimere  precisi compiti d’indirizzo, cui si aggiunge la nomina di un solo manager  per limitare i costi, ma anche per evitare inefficienze, sovrapposizioni e sprechi per difetto di gestione integrata. A questo si aggiungono, poi, due questioni non marginali: vale a dire  la certezza della copertura economica  e l’inderogabile pareggio di bilancio di ciascuna azienda sanitaria”.