
Le risposte di Alessandra Bagnara, presidentessa di Linea Rosa, alle nostre domande
Violenza sulle donne, il mostro che non se ne è mai andato
Stiamo vivendo un momento estremamente critico, in cui la paura è negli occhi di molti, moltissimi.
L’emergenza sanitaria dovuta alla diffusione del virus Covid-19 occupa tutte le pagine dei giornali, ma c’è un’altra emergenza che sta continuando a creare terrore, ora ancor più in silenzio.
La violenza sulle donne è una piaga che affligge la società da molto, ma in una situazione particolare come quella attuale, rischia di diventare ancora più subdola per la difficoltà di chiedere aiuto.
Moltissime le donne che, chiuse in casa con mariti o compagni violenti, sono costrette a subire violenze ed aggressioni più frequentemente; ma soprattutto chiedono meno aiuto ai centri antiviolenza, perché quella chiamata potrebbe preoccupare i loro bambini o perché terrorizzate dall’idea che, se la sentisse il loro aggressore, la reazione potrebbe sfociare in un attacco ancora più violento.
Abbiamo voluto parlarne con Alessandra Bagnara, presidentessa dell’associazione Linea Rosa (rete di volontariato a difesa delle donne contro la violenza con sede a Ravenna, Russi e Cervia) al fine di comprendere meglio quali dinamiche si stiamo creando all’interno di tante, troppe case.
La convivenza forzata ha aumentato la violenza su donne e bambini?
“Non siamo in grado di rispondere in termini numerici –afferma Alessandra Bagnara – in quanto attualmente non sappiamo cosa stia accadendo all’interno delle relazioni violente. Possiamo però provare a capire le dinamiche della violenza domestica utilizzando uno schema denominato il ‘ciclo della violenza’ di Leonor Walker.
Questa teoria si compone di diverse fasi che cercano di spiegare non solo il come, ma anche il perché le relazioni con un partner maltrattante durino così a lungo. Le fasi si suddividono in fase dell’accumulo della tensione, fase dell’aggressione, fase di riconciliazione e calma. Il ciclo si ripete e la durata delle fasi è variabile. Io penso che in questo momento di forzata convivenza il ciclo della violenza potrebbe subire una contrazione e le fasi diventare sempre più frequenti e pericolose. L’impossibilità per il maltrattante di avere momenti di ‘decompressione’ lontano dalla famiglia potrebbe innescare nuovi momenti di tensione e quindi ridurre la fase di ‘calma’ che di fatto è la più sicura per la donna e aumentare invece le fasi di accumulo della tensione e le aggressioni”.
Le chiamate ai numeri di assistenza sono diminuite per via del timore di essere sentite dal compagno violento e quindi per paura di ripercussioni?
“Si, certamente questa è una ragione della diminuzione dei contatti. Un altro motivo importante potrebbe essere la presenza dei figli. Infatti le donne con bambini tendono a rivolgersi al centro in giorni e orari nei quali i propri figli sono impegnati a scuola o nella attività ricreative.
L’essere sole consente alle donne di poter chiamare il centro, venire ad un incontro personale e avere il tempo e la concentrazione per informarsi e valutare una strategia per uscire dalla relazione violenta. Considerando che circa il 70 % delle donne vittime di maltrattamenti che si rivolge a Linea Rosa ha figli pensiamo che anche la cura dei minori possa essere un valido motivo per rimuovere il pensiero della violenza e rimandare la richiesta di aiuto”.
Sono sorte anche violenze in famiglie che prima non risentivano di questo problema?
“In alcun modo la violenza contro le donne è giustificabile imputandola al momento che stiamo attraversando – afferma la presidentessa di Linea Rosa -. Abbiamo letto in questi giorni, sia sul web che sulla carta stampata, che potrebbero esserci problemi di coppia alla fine di questa convivenza forzata. Questo è possibile, ma una situazione di conflitto familiare non può e non deve essere confuso con una relazione violenta.
Il conflitto che è ritenuto un elemento dannoso e disgregante per la coppia, in realtà può essere un elemento per sviluppare e maturare il rapporto stesso.
La violenza in ambito familiare è un’altra cosa e consiste in diverse azioni, ma caratterizzate dall’unico scopo di dominio e controllo da parte di un partner sull’altro, attraverso violenze psicologiche, fisiche, economiche e sessuali”.
Quali consigli si sentirebbe di dare a tutte le donne che si trovano in questa difficile convivenza e che, magari, si trovano a dover difendere non solo sé stesse, ma anche i loro bambini?
“Il primo suggerimento – afferma Alessandra Bagnara – è senza dubbio quello di chiedere aiuto e sostegno al centro antiviolenza.
Contrastare la solitudine è un ottimo punto di partenza ed è meglio rivolgersi a qualcuno di estraneo alla cerchia familiare per avere un punto di vista diverso.
Se si è vittime di aggressione fisica è importante recarsi in pronto soccorso per farsi refertare e, in seguito, sottoporsi anche a refertazione psicologica.
In questo momento difficile sotto il profilo sanitario è buona norma non intasare il pronto soccorso ma, in caso di violenza su donne e minori, è importante che si possa avere un referto che certifichi gli abusi subiti.
Anche le Forze dell’ordine possono essere un luogo dove chiedere aiuto.
Il nostro centro antiviolenza è reperibile h24 e tutti i presidi sanitari e le forze di polizia sono in grado di attivarci con un numero dedicato per accoglienza e ospitalità in caso di emergenza.
E’ poi importantissimo essere consapevoli dei propri diritti nei confronti del maltrattante e dei figli.
Per questo attraverso il centro antiviolenza è possibile anche ottenere una consulenza gratuita dalle legali che collaborano con Linea Rosa; consulenza che in momenti come quelli attuali, in cui ci è stato chiesto di limitare gli spostamenti, può avvenire anche solo telefonicamente.
In situazioni estreme e di pericolo siamo poi in grado di accogliere e ospitare donne e minori in casa rifugio. Le case rifugio possono garantire protezione alle donne con i propri figli e siamo attrezzate in questo momento di crisi per ospitare rispettando le necessarie precauzioni sanitarie.
Il centro antiviolenza deve comunque sempre essere considerato dalle donne vittime di abusi come un luogo dove essere credute e ascoltate, dove possono essere sostenute attraverso una solida rete di aiuto, dove viene mantenuta la riservatezza e dove non viene mai giustificato il comportamento violento e mai minimizzata una storia di violenza.
La nostra quasi trentennale esperienza ci ha insegnato che le donne non chiedono aiuto per vergogna e per paura di subire un ulteriore umiliazione.
Si sentono in colpa per la propria condizione e i traumi subiti spesso generano confusione e congelamento impedendo di chiedere aiuto.
Le donne temono inoltre di perdere i propri figli soprattutto perché generalmente il maltrattante le minaccia in tal senso.
Fortunatamente però esistono i centri antiviolenza e le donne vittime di maltrattamenti vengono tutelate dai servizi e dalla legge.
Mi sento di dire alle donne che non temano di rivolgersi a Linea Rosa, le operatrici sono presenti e sono li per loro, per accogliere le loro storie ed accompagnarle verso l’uscita di questo tunnel buio che è il ciclo della violenza” – conclude la presidentessa di Linea Rosa.
Le operatrici rispondono ai seguenti numeri ed orari:
- Ravenna – telefono 0544 – 216316 dal lunedì al venerdì dalle 9,00 alle 19,00 il sabato dalle 9,00 alle 12,00
- Russi – telefono 0544 583901 il martedì dalle 9,00 alle 15,00 (nei restanti orari e giornate il numero è girato sull’utenza telefonica di Ravenna)
- Cervia – telefono 0544 71004 il lunedì dalle 12,30 alle 18,30 (nei restanti orari e giornate il numero è girato sull’utenza telefonica di Ravenna)
Inoltre è possibile inviare una mail all’indirizzo linearosa@racine.ra.it
Valentina Orlandi