Una recente ricerca del GISP (Global Invasive Species Programme, partenariato tra istituti di ricerca su agricoltura e bioscienze –CABI- e conservazione della natura – IUCN, TNC-) ha stimato che il danno mondiale provocato dai mutamenti climatici congiunti alla proliferazione di specie aliene equivarrebbe al 10 % circa del PIL; un danno economico ingente, valutato in 1.400 miliardi di dollari, di cui però nessuno sembra seriamente preoccuparsi.

Ma non è solo l’economia a patire questo ingente danno, anche l’ecologia mostra segni assai inquietanti.

Riferendoci alle aree naturali ravennati, che frequentiamo e studiamo da oltre 40 anni, stiamo registrando ad esempio un aumento di radiazione solare, e quindi di temperatura, che produce un aumento di aridità, evidentissimo nel 2009 nei cosiddetti termoudogrammi di Gaussen.

La subsidenza, l’eustatismo e la conseguente salinizzazione avanzano incontrastate ed anche biotopi preziosi come Punte Alberete, Valle della Canna , Bassa del Bardello ne risentono, come da tempo andiamo segnalando, inascoltati di fatto.

Tra le specie aliene, i danni prodotti dalle nutrie alla rete idrica dell’acquedotto civile ed industriale -la stessa che serve anche Punte Alberete e Valle della Canna- sono ben noti ai tecnici di Hera prima e di Romagna Acque ora, che constatano il crescente collasso delle rive dei canali adduttori, ormai talmente ammalorati da renderne addirittura problematico l’accesso dei mezzi meccanici per la continua manutenzione.

Ma abbiamo ragione di credere, e nella letteratura scientifica se ne parla, che un effetto finora sottostimato sia l’azione cosiddetta fossoria (= di scavo) prodotto dai gamberi della Louisiana, non a caso recentemente definiti da Roberto Fabbri i gamberi dell’Apocalisse , vedi articolo di Matteo Mingazzini su Sottobosco.info

Condividiamo in pieno il grido d’allarme di Roberto, ed anzi aggiungiamo una nostra considerazione ad ajuvandum.

Uno dei motivi della crescente rarefazione e forse scomparsa di molte pregiate piante acquatiche è da imputarsi alla elevata torbidità delle acque, che non è assolutamente da ricondursi alla immissione di acque di piena, ovviamente evitata per evitare l’effetto di “bonifica per colmata”.

Riteniamo accertata che l’attività fossoria di migliaia di crostacei scavatori dei fondali crei e mantenga in sospensione i sedimenti argillosi e limosi, creando una torbidità permanente che blocca l’accesso dell’energia fotosintetica solare.

Il mancato input energetico compromette in sostanza l’intera catena trofica, perché riduce o azzera le componenti fito- e zoo-planctoniche, quei microrganismi cioè che sono alla base del ciclo alimentare nelle biocenosi idrodipendenti.

In presenza di fondali sabbiosi, come nelle bassure inondate delle pinete, tale torbidità non si verifica per ovvie ragioni fisiche ed il danno ecologico appare relativamente minore, come dimostra la presenza di popolamenti di tifa e di altre rare idrofite in queste bassure, ora dolcificate a seguito di interventi effettuati per contrastare la salinizzazione (creazione di un grosso argine lato pialassa, immissione frequente di acque dolci dal Fossatone, ecc.).

Purtroppo l’attività dei gamberi prosegue indisturbata, a parte il prelievo effettuato da numerose specie di uccelli acquatici –gli unici ad avvantaggiarsene- e non si vede soluzione al problema.

 

 

Giorgio Lazzari, AdV L’ARCA