Nell’epoca attuale della globalizzazione è decisamente fallimentare la scelta di chi ripropone un clima di intolleranza in cui particolarismo e razzismo negano il riconoscimento dell’altro come cittadino e come persona, dove le differenze sono private della possibilità di qualsiasi dialogo e conciliazione. Un’opzione giustificata in nome della salvaguardia dell’ultimo baluardo dell’occidente: un cristianesimo minacciato da un possibile scontro di civiltà.

Una posizione culturale espressa soprattutto dalla Lega che, sospesa tra un ostentato integralismo cattolico e una persistente cultura neopagana, propone un repertorio culturale composto di folklorismo, di riti e di revivals celtici, di populismo etnocentrico, di emotività risentita: dove il cattolicesimo si presenta come riferimento simbolico, basato sulla gestione emotiva della paura e sull’ossessione di una sicurezza in pericolo a causa dell’immigrazione e, in particolare, del mondo islamico.

La Lega afferma una religione civile settaria e rancorosa che trasforma le identità in idoli sospettosi e aggressivi. Essa si serve in termini opportunistici dei valori e dei simboli della fede, piega il Vangelo a facili suggestioni, rimuovendo i contenuti forti della Buona Novella di Gesù di Nazaret: l’accoglienza, l’ospitalità, la solidarietà, l’amore per il prossimo, la giustizia e l’uguaglianza.

Nella Dichiarazione conciliare “Nostra Aetate” sulle relazioni della Chiesa con le religioni non-cristiane” del 28 ottobre 1965, forte è il richiamo ad una responsabilità per la pace nelle relazioni con tutte le religioni, non esclusa quella musulmana.

Né si può dimenticare come il diritto della persona umana e delle comunità alla libertà sociale e civile in materia di religione e di culto sia ben riconosciuta e sancita nella Dichiarazione conciliare “Dignitatis Humanae” sulla libertà religiosa del 7 dicembre 1965.

L’annuncio della verità religiosa si realizza tramite la testimonianza, la tolleranza e il dialogo. Il radicalismo evangelico esige dal singolo e dalla comunità credenti l’esercizio della carità che impedisce ogni violenza e ogni imposizione di idee, di atteggiamenti e della stessa fede.
Nel corso degli ultimi decenni decisivo è stato l’impegno del magistero della Chiesa cattolica che, in particolare con papa Giovanni Paolo II, ha difeso e proposto il dialogo come “una necessità intrinseca alla fede”.

Del resto tutelare le identità non significa affatto disporsi a una guerra di civiltà, né ritornare alle chiusure o alle aggressività che pure ci hanno caratterizzato nel passato. Occorre riprendere consapevolezza che la forza della nostra identità sta tutta nella capacità di relazionarsi continuamente con ciò che è altro, senza perdere la consapevolezza di ciò che si è.

Per questo urge una seria riflessione sugli aspetti concreti e quotidiani della presenza di credenti appartenenti a religioni diverse e alle garanzie che uno stato democratico deve offrire per salvaguardare le libertà di culto e di espressione religiosa nella tolleranza e nel rispetto reciproco.

Occorre cogliere e denunciare l’uso strumentale della religione da parte di chi nutre interessi ideologici e politici e non si cura del bene dell’insieme della collettività, e a forza di voler ribadire la propria identità senza gli altri, finisce per usarla e ostentarla contro chiunque.
La vera ricchezza e forza del cristianesimo è il vissuto di uomini e donne che con la loro carità hanno umanizzato la società, mossi dall’invito di Gesù, rinunciando a guerre sante e restando nel contempo saldi nel rendere testimonianza non solo a parole ma con i fatti.

Con grande consolazione avvertiamo che contro la deriva che imbarbarisce molte relazioni, anche nel nostro paese, sui temi della sicurezza e della difesa dello straniero, le voci che più si fanno ascoltare sono voci interne alla Chiesa e alle comunità di fedeli operanti con carità sul territorio.

Noi pensiamo che oggi non ci sia altra via indicata dal Cristianesimo se non quella, più difficile ma anche più esaltante, del reciproco riconoscimento delle diverse identità e del loro dialogo continuo, alla ricerca di ciò che unisce e soprattutto di ciò che ci fa crescere in una più pacifica convivenza, accomunati tutti da una medesima umanità, e, come cristiani, dalla convinzione di essere tutti, senza eccezioni, figli di Dio.

Giuseppe Camanzi, Giacomo Baldini, Fausto Cavina, Raffaele Clò, Giuseppe Taroni, Raffaele Coletta, Giuseppe Xella, Annalisa Antonellini, Enrico Flisi, Elena Ghiselli, Mario Clò, Claudio Nerozzi, Giovambattista Malgeri, Marco Camanzi, Giovanni Penazzi, Rosella Francesconi, Arrigo Antonellini, Anna Maria Paglia, Elisa Camanzi, Lorenzo Nerozzi