Al signor sindaco, Fabrizio, da un operatore sociale delle cooperative.
Sono 21 anni che lavoro nella realtà  educativa e non ho mai visto il peggio come ora.
Non mi rivolgo solo al drammatico buco del consorzio, che lei chiama un’eccezione dolorosa. Di lei ho detto, quando si è candidato nel 2006, che è una persona onesta che merita la fiducia, ancora sosterrei che lei è una persona onesta e questo le fa onore anche se non è sufficiente per “coprire il disavanzo”.

Io, sentendo l’opposizione  che chiedeva le sue dimissioni, mi sono guardato attorno e mi sono detto: il signor Costa partecipa alla comissione all’inizio poi  se ne va  e poi esercita anche in questa condizione il diritto di replica.
Il signor Ancisi, invece di attuare il proprio ruolo istituzionale di presidente, per un’ora e mezza il 21 ottobre ha fatto il demagogo, con affermazioni non pertinenti alle condizione dei fatti, vedi cooperative, e affermando pure che queste si sono arricchite. Non vado oltre perché non intendo dire altro per non cascare  in una condizione da gossip.

Ora ritorno al lei, caro sindaco, lo dico con affetto. E’ la politica la vera sconfitta in tutto questo; certo c’è la sopravvivenza di chi lavora nei servizi, dei servizi stessi, ma c’è  una grande questione etica apertissima.
Non si possono scegliere persone indegne e per cooptazione politica e lasciarli per anni a gestire servizi così delicati.
Certo, chi falsifica bilanci deve pagare, ma gli davate pure lauti premi di produzione, e chi ha avuto dalla vita già grosse possibilità di carriera politica e di averci con questa lautamente vissuto, non deve andare a fare il presidente, pur di un ex consorzio. Poi ci si meraviglia che i cittadini si allontanano dalla politica, diventano tutti qualunquisti.

C’è differenza tra far politica ed essere ceto politico; ormai c’è un’ampia sociologia in merito e credo che lei, persona intelligente, non abbia bisogno di questa mia puerile affermazione. Non c’è cultura politica e spesso anche istituzionale,  e ancor più grave manca un’etica della politica, che faccia della buona politica e renda i cittadini non indifferenti ma responsabili e fiduciosi del legame profondo e di sostanza che, nel politichese, chiamate coesione sociale.

Lo stesso impianto politico spesso si ripropone dentro al sistema cooperativo: anche lì viaggiano la cooptazione e il non merito.
Per non parlare dei sindacati. Il 22 maggio 2009 facemmo uno sciopero come educatori e ci ho  messo molto di mio per farlo riuscire, vivendo nei fatti  e nelle azioni 10 mesi di ostacoli spesso provocati da loro, nonostante io sia un militante e un iscritto. Per 18 anni ho lavorato come molti altri a salario medio convenzionale: questo vuole dire meno contributi, pensione da fame e stipendio da working poor (lavoratori poveri). Abbiamo tenuto sul nostro groppone, anche con queste condizioni o con appalti che ci negavano dignità professionale salariale, l’intero welfare. Mi fermo qui.

Se ci fosse una classe politica degna di questo nome, darebbe fiato non solo a un’autocritica, ma si interrogherebbe sul senso della politica e dove vuole arrivare per il bene di una comunità che guarda al palazzo spesso nauseata e senza speranza.
Ivano Mazzani