
Il comportamento imprudente del conducente interrompe il nesso causale ed esclude la responsabilità del Comune.
La Corte di Cassazione con l’ordinanza 1° ottobre – 12 novembre 2020, n. 25460 (testo in calce) ribadisce il proprio costante orientamento in materia di responsabilità da cose in custodia.
La condotta imprudente del danneggiato interrompe il nesso causale tra la cosa custodita (la strada dissestata) e l’evento di danno (il sinistro), quando il soggetto violi il dovere di ragionevole cautela scaturente dal principio di solidarietà (art. 2 Cost.).
Pertanto, il conducente è esclusivo responsabile del fatto, se provoca l’incidente, benché la presenza della buca fosse evidente, sia per le sue dimensioni che per l’ora diurna del sinistro.
La vicenda
Un uomo conveniva in giudizio il Comune chiedendone la condanna al risarcimento del danno, a causa di un sinistro stradale.
La vettura dell’automobilista, infatti, finiva in una grossa buca, presente sul manto stradale, riportando dei danni. In primo e in secondo grado, la domanda attorea veniva rigettata.
Si giunge così in Cassazione.
La buca stradale e l’obbligo di custodia
Secondo l’art. 2051 c.c., il custode è responsabile dei danni provocati dal bene di cui è titolare.
Calando la norma nella fattispecie concreta può dirsi che il Comune (custode) risponde dei pregiudizi patiti dal danneggiato, a causa della strada ammalorata (bene in custodia), fatta salva l’ipotesi in cui in cui dimostri il caso fortuito. In buona sostanza, il custode (l’ente comunale) non risponde se dimostra che la condotta colposa del ricorrente (l’automobilista) abbia avuto un’efficienza causale tale da escludere la propria responsabilità.
A tal proposito, si ricorda che non esiste alcun automatismo tra la presenza di una buca sulla strada e la responsabilità dell’ente proprietario della stessa. Infatti, eventuali buche costituiscono insidie solo allorché non risultino, visibili, evitabili e prevedibili.
Dovere di cautela del danneggiato
I giudici ricordano come la condotta del danneggiato, che entri in contatto con la cosa custodita (la buca), si atteggi diversamente a seconda dell’incidenza causale sull’evento di danno. Infatti, preme segnalare che sul danneggiato grava un dovere di ragionevole cautela, in virtù del principio di solidarietà (art. 2 Cost.).
Tale principio impone al soggetto di adottare «condotte idonee a limitare entro limiti di ragionevolezza gli aggravi per i terzi, in nome della reciprocità degli obblighi derivanti dalla convivenza civile» (Cass. 17443/2019).
Inoltre, la valutazione dell’efficienza causale della condotta del danneggiato va effettuata tenendo conto di quanto la situazione di danno fosse prevedibile e superabile con l’adozione delle ordinarie cautele impiegabili in circostanze analoghe (Cass. Ordinanze 2480, 2481, 2482 del 2018). In altre parole, più la situazione di danno era evitabile adottando le ordinarie cautele, più deve considerarsi rilevante l’efficienza causale della condotta imprudente del danneggiato.
L’imprudenza può essere tale da interrompere il nesso causale, «quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro» (Cass. Ord. 2345/2019; Cass. Ord. 9315/2019).
Il danneggiato deve dimostrare la pericolosità della cosa
Secondo la Corte, in relazione alle cose inerti (come la buca stradale), grava sul danneggiato l’onere di dimostrare la pericolosità della cosa (Cass. 6306/2013).
Nel caso in esame, invece, era stato accertato, in sede di merito, che l’incidente era avvenuto di giorno, alla luce del sole e che, viste le dimensioni della buca, questa fosse visibile ad un attento utente della strada. Inoltre, era stato acclarato che l’auto del danneggiato procedesse ad una velocità non adeguata al tipo di strada percorsa.
Per tali, ragioni, correttamente, la sentenza gravata ha concluso che l’incidente fosse da ricondurre ad un’esclusiva responsabilità del conducente, difettando addirittura la prova del nesso di causalità.
Conclusioni
In conclusione, la Corte rigetta il ricorso dell’automobilista e, nel ribadire la propria giurisprudenza in materia di responsabilità da cose in custodia, afferma quanto segue:
«la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione, anche ufficiosa, dell’art. 1227 c.c., comma 1, richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost.. Ne consegue che, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro». Cassazione civile, ordinanza n. 25460/2020