“Come è andata questa alluvione che ha avuto molte facce?”
Di seguito le parole del sindaco Michele de Pascale sulla terribile alluvione che si è abbattuta sul territorio ravennate:
“Buongiorno a tutti e a tutte. Siamo qui nella sala operativa del Coc, del Comitato operativo comunale di Protezione civile, da dove abbiamo gestito, facendo del nostro meglio, con il massimo dell’impegno, tutte le emergenze di Protezione civile per questa alluvione.
In queste giornate, in questi giorni hanno circolato molte voci, molte ricostruzioni di ciò che è avvenuto, alcune hanno destato scalpore e hanno attirato molta attenzione.
Come è andata questa alluvione che ha avuto molte facce?
Confrontandoci con l’Agenzia regionale di Protezione civile, con i Consorzi di bonifica, avremo modo di approfondire. Ma qualche principio lo vorremmo provare a fissare.
Tralascio la fase del 2/3 maggio, la prima alluvione dove ci sono stati danni molto ingenti ad alcune città della nostra provincia, nella quale Ravenna era stata graziata.
Anche in questa seconda alluvione c’è stata un’allerta meteo alle 18 della domenica, dove siamo stati tutti chiamati a partire con il sistema di allerta.
Tutta la giornata di lunedì l’abbiamo passata ad allertare, ad informare la popolazione rispetto al rischio che si stava correndo.
E poi, dal martedì mattina gli eventi calamitosi hanno iniziato a colpire e dove hanno colpito?
La pioggia ha colpito principalmente in tutto l’Appennino romagnolo.
Tutte le vallate dell’Appennino romagnolo sono state contemporaneamente colpite da una pioggia che normalmente cade in otto mesi dell’anno.
Quindi una pioggia abnorme che ha riempito tutti i fiumi che sono scesi a grandissima velocità verso le città romagnole che sono sulla via Emilia.
E se vedete le città di Cesena, di Forlì, di Faenza hanno subito rotture violentissime dei loro argini o grandi tracimazioni che hanno fatto fuoriuscire enormi quantitativi di acqua.
Stessa dinamica si è verificata anche nei fiumi fuori dal nostro bacino idrografico, come il comune di Ravenna, nel Santerno, nel Sillaro, che hanno colpito altri comuni della Bassa Romagna, in particolare a Sant’Agata e Conselice.
Poi cos’è accaduto? Questa enorme quantità d’acqua, parliamo circa di 800 milioni di metri cubi, una dimensione enorme, sono molti, molti di più, persino di quelli usciti dalla diga del Vajont, per capirci, quindi parliamo di una quantità d’acqua enorme mai vista prima, mai conosciuta, hanno allagato tutta la campagna e la rete consortile alle spalle delle città che citavo prima e sono confluite nel Canale emiliano romagnolo.
Il Canale emiliano romagnolo è un’opera idraulica per l’irrigazione, ma anche per l’uso civile che parte dal Po.
Quindi si connette direttamente al Po e serve per portare l’acqua a tutto il bacino della Romagna che, fa un po’ specie dirlo in questi giorni, in realtà è un’area siccitosa per la maggior parte dell’anno.
La Romagna, prima della realizzazione dell’invaso di Ridracoli, era un’area che soffriva fondamentalmente la sete e la carenza idrica.
Quest’opera straordinaria, fantastica in questa circostanza, però, è stata devastante, nel senso che ha caricato completamente l’acqua che usciva dai fiumi e l’ha veicolata non solo nel bacino da cui questa proveniva.
In particolare da noi è successo che la rottura del Lamone, vicino nelle prossimità della località Reda, ha portato ad allagare il Cer in questo punto, ma l’allagamento del Cer è poi proseguito anche nel bacino fra il Montone e il Ronco e anche oltre il Ronco in parte.
Quindi, è arrivata un’enorme quantità d’acqua che è stata veicolata e che poi con la rete consortile pian piano, non così piano piano, ha iniziato a viaggiare verso la città.
Quindi tutte queste aree, quindi quelle del comune di Ravenna, sia nell’area delle Ville disunite, ma anche quelle del comune di Russi e nel comune di Ravenna a nord del fiume Montone, sono state allagate da una crescita abnorme e imponderabile della rete consortile che ha allagato. La prima frazione ad essere colpita nel comune di Ravenna è stata la frazione di Villanova.
Erano le due di notte, noi eravamo qui operativi al Coc, ci sono arrivate le primissime telefonate da alcune case sparse, molto basse, che ci hanno avvisato del pericolo e abbiamo immediatamente dato l’allerta, mandato la polizia locale, aperto il comitato cittadino, cercato, in ogni modo di evitare che le persone potessero essere colpite da questa alluvione.
Detto questo, da lì l’alluvione che invece purtroppo ha colpito ha proseguito verso la città e sono state allagate molte altre zone di campagna, fino all’arrivo a Fornace Zarattini, che è stato probabilmente uno dei punti più colpiti della nostra città.
Nel frattempo tutta questa rete di canali che è la rete che deve prendere tutta l’acqua che arriva da questa zona e portarla al mare, chiaramente è andata in crisi perché non è fatta per drenare i fiumi, è fatta per drenare la pioggia dal terreno.
E quindi cosa si è fatto?
Quali sono state le tre azioni che hanno consentito alle acque di essere deviate tutte nella loro sede, nei canali e di non invadere invece la quasi totalità del comune di Ravenna?
Perché poi, mentre l’acqua arrivava da qua, l’acqua ha iniziato a arrivare anche da qua, da Piangipane e da Santerno che avevano livelli anche loro idrometrici altissimi.
Si sono installate, e tuttora sta avvenendo, una quantità enorme di pompe idrovore e impianti di pompaggio in tutta quest’area. Qui i canali in parte vanno giù per gravità, il Cupa-Magni, in parte invece vanno contro la gravità.
Sapete bene che larga parte del territorio del comune di Ravenna è sotto il livello del mare e quindi l’acqua per essere scaricata a mare va spinta, va pompata fuori dal nostro territorio e quindi i livelli idrometrici si sono stabilizzati o comunque hanno diminuito l’accelerazione che avevano nel crescere grazie all’installazione di molti impianti.
Oggi in questo momento in cui la criticità è ancora viva qui sono arrivati anche impianti idrovori, oltre a quelli messi a disposizione dai Consorzi di bonifica di mezza Italia, dall’Agenzia di protezione civile, dai vigili del fuoco, dalla Repubblica slovena e dalla Repubblica slovacca con un meccanismo di solidarietà europea.
Sarebbe bastato? Questo no, non sarebbe bastato. Con l’enorme quantitativo d’acqua che continuava a veicolare verso di noi questo quantitativo d’acqua avrebbe invaso tutto il comune di Ravenna.
Sono state altre due le azioni che ci hanno salvato.
Dobbiamo riavvolgere un attimo il nastro.
Cosa era successo?
Abbiamo detto i fiumi avevano rotto in quest’area, si erano rotti molti argini, si sono rotti nell’immediata pianura, si sono rotti più a mare.
In particolare c’era stata una bruttissima frattura a Castiglione di Cervia, sul fiume Savio.
Il fiume Savio è, diciamo, la valvola di sicurezza del Cer quando il Cer è troppo carico scarica nel fiume Savio.
Questo non era possibile perché il fiume Savio era rotto; se si fosse scaricata l’acqua nel Savio, questa acqua sarebbe uscita tutta in prossimità di Castiglione di Cervia.
E quindi una corsa contro il tempo sia a chiudere la frattura arginale del Lamone, sia a chiudere la frattura arginale sul Savio per poter scaricare tutta quest’acqua nel fiume Savio.
Sarebbe bastato? No, non sarebbe bastato neanche questo.
Cioè la valvola di sicurezza ordinaria non sarebbe stata sufficiente e quindi si è fatto un secondo intervento molto importante, storico, mi verrebbe da dire, fuori dal territorio del comune di Ravenna, e cioè alla connessione fra il Cer e il Po. Dicevamo, normalmente il Po manda acqua nel Cer per irrigare la Romagna, in questo caso con il cosiddetto cavo napoleonico che è un’opera che fu progettata ai tempi di Napoleone fatta molto più recentemente, perché il Cer è stato invertito e quindi l’acqua dal Cer ha iniziato a confluire anche nel Po.
Capite, in una manovra a tenaglia l’acqua veniva attirata verso nord attirata verso sud e spinta velocemente a mare.
Il mix di queste tre azioni ha consentito che la quantità di aree allagate non fosse estremamente più grande. Qui c’è la prima, come si dice fake news sul fatto che appunto si sia sacrificata
una parte della nostra campagna per salvare la città .
L’unico terreno che è stato allagato con l’accordo dei proprietari è un terreno molto più a mare, della Cab Terra, che noi ringraziamo di cuore per quello che ha fatto e che ci ha semplicemente consentito di avere qualche ora in più per poter mettere a sistema questo meccanismo.
Perché capite, non è che tutta l’acqua del Lamone poteva confluire nel terreno della Cab Terra.
Gli altri comuni, le altre frazioni del comune di Ravenna che sono state colpite, invece, sono state colpite dalla tracimazione dei fiumi, in particolare quelle più pesanti legate all’unico fiume della Romagna che di fatto ha resistito, i cui argini non sono crollati e che è stato il fiume Ronco.
Il fiume Ronco ha tracimato sia in destra idraulica nella località di Borgo Sisa, sia in sinistra idraulica, nella località di Coccolia, dove ha fatto anche, diciamo ha distrutto un muretto, quindi anche in parte abbattuto la protezione di cui aveva e che aveva a disposizione.
Ma tutti i fiumi di Ravenna, questo nella prima fase dell’alluvione, erano arrivati a livelli di metri e metri e metri oltre la soglia rossa.
E in particolare, concludo, con una citazione perché abbiamo parlato del Cavo Napoleonico.
Abbiamo parlato della grandezza della bonifica e degli scariolanti e dei braccianti che hanno dato anche oggi, a distanza di un secolo più di un secolo, un contributo straordinario alla salvezza di Ravenna perché grazie al loro lavoro e ai loro canali, Ravenna è riuscita, e sta riuscendo, a drenare l’acqua anche alla realizzazione di Fiumi Uniti.
La realizzazione dei Fiumi Uniti è un’opera straordinaria fatta nel 1700 dal cardinale Alberoni. C’è un busto qui in Consiglio comunale nella pre consiliare che lo ricorda, che deviò il Ronco e il Montone che abbracciavano la città. Nel Seicento si ricordano almeno sei sette enormi alluvioni della città di Ravenna.
Era una città che veniva alluvionata continuamente da questi due fiumi che la attraversavano. Ecco, questa grandissima opera idraulica, a distanza di tre secoli, ha resistito questa straordinaria opera idraulica a cui tutti i ravennati devono essere estremamente riconoscenti a chi l’ha realizzata e a essa stessa ha resistito alla piena pluri centenaria sia del Montone sia del Ronco.
Quindi i massimi livelli mai registrati di entrambi i fiumi confluiti nei fiumi Uniti. Perché dico questo? Perché è evidente, molto evidente che da una parte c’è ed è legittima una dovuta e necessaria richiesta da parte di tutti i cittadini, perché non solo si aumenti il livello di manutenzione di tutta la rete fluviale e della rete scolante, ma anche perché si comprenda come la sicurezza idraulica del territorio va messa in priorità.
In questi anni abbiamo avuto polemiche assurde rispetto alla pulizia degli alvei fluviali dagli alberi da parte della tutela di specie infestanti che distruggono gli argini.
La sicurezza delle persone va messa in priorità e non si deve più scherzare.
Ma qui ci siamo salvati perchè si è¨fatta una grande opera idraulica.
Non ci siamo salvati per caso, ci siamo salvati perché è stata fatta una grande opera idraulica e quindi noi, in questi giorni in cui chiediamo di ristorare e di rifare le case, dobbiamo anche tornare a chiedere opere idrauliche che siano all’altezza dei cambiamenti climatici che ci sono stati, perché i Fiumi Uniti hanno resistito ai cambiamenti climatici.
Ma la totalità dei fiumi romagnoli, invece, a questi livelli non ha resistito o quasi, e quindi questo è un po’ il senso.
Poi, ripeto, ho cercato di riassumerlo in poche ore, in pochi minuti rispetto a questi concetti, ma quando questa alluvione sarà conclusa
e purtroppo ancora del tempo servirà, verremo in ogni territorio con i tecnici della Regione che si occupano dei fiumi e dei consorzi di bonifica che si occupano dei canali consortili a discutere e a spiegare con tutti i cittadini perché tutta questa acqua che è arrivata nelle nostre campagne è un’acqua che proviene dalle fratture dei fiumi e che purtroppo non era nella possibilità di nessuno di fermare se non con le azioni tempestive, straordinarie, a tratti anche impensabili, che sono state messe in campo”.