Ieri il forum “Egitto, Libia e Tunisia: quali ripercussioni?”

Presente e futuro della crisi mediorientale sono stati i temi al centro del forum “Egitto, Libia e Tunisia: quali ripercussioni?”, organizzato nella sede del corso di laurea magistrale in Cooperazione internazionale dal Comune e dalla fondazione Flaminia. Dopo i saluti, i lavori sono stati aperti da Gustavo Gozzi, docente di Storia delle dottrine politiche dell’Università di Bologna-sede di Ravenna.

Il rapporto tra democrazia, garanzia dei diritti e tutela degli interessi economici è stato il fulcro intorno al quale ha ruotato il suo intervento, critico nei confronti della politica portata avanti fino a oggi dall’Ue nei confronti della Libia e degli altri paesi interessanti dalle sommosse popolari. “Bisogna capire – ha spiegato Gozzi – che gli interessi economici dell’Unione europea non sono in contrasto con la democrazia. Al contrario, favorire la tutela dei diritti della popolazione è la migliore garanzia per i rapporti economici, perché un regime autoritario è intrinsecamente instabile”.
Gli avvenimenti delle ultime settimane possono dunque rappresentare per l’Ue l’occasione per passare da una visione del sud del Mediterraneo come problema di sicurezza a una politica di rapporti paritetici.

Nonostante la situazione sia estremamente incerta (i governi che nascono e cadono in Tunisia nel giro di pochi giorni, la nascente guerra civile in Libia), Gozzi non vede una matrice fondamentalista nelle sommosse. “Direi che la causa è laica e va ricercata nelle aspirazioni democratiche della popolazione. I movimenti hanno colto di sorpresa non solo i governi, ma anche Al Qaeda”.
La situazione più preoccupante è sicuramente quella libica, dove il complicato sistema di sicurezza creato dal colonnello Gheddafi (costituito da vari gradi di milizie e corpi, via via più vicini e fedeli al capo) ha permesso al governo una reazione che negli altri Stati non era stata possibile. “Speriamo – ha concluso Gozzi – che questo non sia il preludio a una recrudescenza della guerra civile già in atto”.

Ha lasciato invece di stucco la proposta di un protettorato italiano sulla Libia fatta dal vice presidente di Confindustria Ravenna, Andrea Farina, che ha sollevato le vivaci rimostranze di Maurizio Tosi, docente del dipartimento di Archeologia e profondo conoscitore della realtà mediorientale. L’idea nasceva dalla necessità, sostenuta da Farina, per l’Italia di non sospendere il pagamento dei “danni di guerra” della sciagurata avventura coloniale, ma anzi di sostenere al meglio il popolo libico, da cui l’Italia compra il 40% del combustibile fossile importato dai paesi dell’area mediorientale. E il protettorato avrebbe potuto rappresentare un’opportunità.

Al di là delle boutade, il forum ha avuto momenti di riflessione importanti. Giuseppe Parrello, presidente dell’Autorità portuale, ha fornito il quadro dei rapporti tra lo scalo ravennate e i paesi mediorientali. Da Ravenna passa il 40% dei traffici italiani con il Libano, il 12% di quelli con la Libia, il 32% dei traffici con l’Egitto.
Vania Rivalta