
Da fine febbraio vanno messe sul tavolo da subito tutte le richieste delle parti
Rendere più brevi i tempi della giustizia separativa e divorzile passando dagli attuali tre anni medi a circa 8 mesi grazie, soprattutto, al lavoro degli avvocati, che dovranno raccogliere tutti gli elementi per chiedere la separazione. E quando il giudice avrà ricevuto i ricorsi di entrambe le parti dovrà convocare l’udienza per la separazione entro tre mesi ed emettere (entro un tempo però non definito) i provvedimenti cautelari. E la novità altrettanto rilevante – portata dalla legge di Bilancio 2023 varata a fine anno dal Governo Meloni – è che tale riforma (anche questa realizzata dall’ex ministro della Giustizia Cartabia) si applicherà con una anticipazione, non più a giugno ma ai procedimenti instaurati dopo il 28 febbraio 2023, mentre i procedimenti già pendenti continueranno ad essere disciplinati dalla normativa anteriormente vigente. All’apparenza potrebbe sembrare una panacea ma nella realtà così pare non essere. “La verità – ha spiegato Giorgio Vaccaro, avvocato di famiglia tra i più noti in Italia al periodico Nuovo Mondo economico – è che la riforma è molto pericolosa soprattutto per il diritto del minore ad essere educato e cresciuto nella sua famiglia o, perlomeno, dai suoi genitori, che se anche litigano tra loro, tali restano”.
Scompare la fase presidenziale
Ma la parte che più sconcerta è la scomparsa, da fine febbraio, della fase presidenziale e della successiva istruttoria tipica del processo della famiglia. Infatti, le parti dovranno depositare un ricorso e verrà fissata un’udienza di comparazione (attualmente avanti al collegio ovvero al giudice relatore, poi un giorno, istituito il nuovo Tribunale, davanti al giudice monocratico). Questo iter è molto innovativo per la materia familiaristica, non solo per la tempistica strettissima, ma soprattutto perché impone una disclosure inziale molto penetrante in relazione alle condizioni economiche delle parti e l’impegno a formulare un piano genitoriale, “che indica gli impegni e le attività quotidiane dei figli relative alla scuola, al percorso educativo, alle attività extrascolastiche, alle frequentazioni abituali e alle vacanze normalmente godute”. Di fatto viene snaturata la tipicità del processo civile tipico delle cause familiari in cui le parti non sempre vogliono mettere in campo tutto quello che sanno o che intendono affermare da subito. “Un sistema – spiega ancora Vaccaro – che avrà l’effetto di far aumentare esponenzialmente la litigiosità dal momento che occorre ‘sparare’ subito tutte le ‘cartucce’ venendo meno quella trattativa che può consentire di chiudere onorevolmente una trattativa. E poi è stato di molto ridotto l’obbligo di motivazione del provvedimento da parte del giudice: un’altra aberrazione che rende complesso il diritto di difesa. La verità è che si tratta di un sistema mutuato dal processo del lavoro e trapiantato di sana pianta in quello civilistico-familiare senza tener conto che si tratta di due mondi completamente diversi”.
Provvedimenti di urgenza più lenti con il passaggio dal Tribunale dei minorenni
Per non dire dei provvedimenti di urgenza ex articolo 709ter che intervengono in tutte le questioni riguardanti l’istruzione, l’educazione, la salute o le controversie relative alle modalità dell’affidamento, come i diritti di visita, i tempi di permanenza o il genitore che ostacola l’altro nel rapporto con il figlio. “In virtù delle norme che andranno in vigore dal 28 febbraio si tratta di controversie su cui interverrà il Tribunale dei minorenni, l’unico che non ha accesso al processo telematico. In pratica si va ancora con fascicoli cartacei e – spiega ancora Vaccaro – rispetto ai tempi del processo telematico, 30-40 giorni, si quadruplica tutto. Basti dire che a Roma ancora non hanno riscontro le istanze depositate nel luglio 2022”. E non è cosa da poco la lentezza, in questi casi, con ricadute importanti sulla tenuta “psichica” delle parti.
Il nuovo ruolo del curatore speciale
Per non dire che diventa possibile la richiesta diretta della nomina di un curatore speciale, senza individuare esattamente a quale autorità, da parte del figlio di soli 14 anni, che il giudice può disporre “quando i genitori appaiano per gravi ragioni temporaneamente inadeguati a rappresentare i figli, con provvedimento succintamente motivato”. A questa figura viene poi conferita la competenza ad “ascoltare” il minore, senza prevedere alcuna previa specializzazione del ruolo nello svolgere un tale compito demandato dalla norma al Giudice. “L’effetto finale di questa norma sarà che un ragazzino, aiutato da un assistente sociale – spiega Vaccaro – potrà richiedere, e ottenere, la nomina di un curatore non solo in casi di effettiva difficoltà genitoriale ma, anche perché i genitori non ottemperano alle sue richieste. Con tanti saluti alla potestà genitoriale e con l’effetto di esautorare completamente le responsabilità dei genitori medesimi”.
Una riforma non solo sbagliata ma pericolosa “La mia idea – conclude Vaccaro – è che la riforma non solo è sbagliata, ma è pericolosa”. Oltre che complessa: “Il giudice – ha scritto Eugenia Italia, giudice presso il Tribunale per i minorenni di Venezia – è posto al centro di una raggiera di possibili professionisti di scienze umane dal mediatore, al coordinatore familiare, per la prima volta previste e disciplinate dalla legge; inoltre il giudice deve rapportarsi con il Ctu, con i servizi sociali, con il tutore del minore, con il curatore speciale. Non è censurabile la scelta del legislatore, ma va sostenuta da adeguata formazione del giudice. Di ciò nella riforma non si vede traccia, se non nell’auspicio, che si confida non rimanga tale, di formare sezioni specializzate, ovvero sezioni composte da magistrati che si occupino solo di questa materia”.